sabato 3 dicembre 2016

Rivelazioni. Non apocalittiche, ma imbarazzanti lo stesso.

Abbiamo raccontato di come, dopo che le ideone imprenditoriali dell'amico carissimo Nerino Lanucci lo ebbero ridotto letteralmente in braghe di tela costringendolo ad un mesto ritorno all'ovile, Galeazzo Fabrizi fu riammesso (e reimmesso) nel giro come rappresentante.
Si trattò di una sorta di risarcimento da parte di Nerino, che in qualche remotissimo recesso della coscienza doveva provare quel minimo di rimorso per aver coinvolto il Fabrizi (moglièra e figghi a carico) nelle sue pazzesche imprese.
Da parte sua un segno di benevolenza non da poco e del tutto eccezionale, vista l'abituale noncuranza con cui si rapportava verso qualunque cosa si frapponesse tra lui e lo sperpero.

Di lì a qualche anno il Fabrizi si è visto morire Nerino letteralmente tra le braccia, al termine di una partita di squash come tante. In pratica, tra le infinite persone che avevano avuto a che fare con Nerino e che il giorno dei funerali avevano riempito la chiesa per essere sicure che fosse morto davvero, si trattava dell'unico che nutrisse per lui un sincero affetto e che ne attirasse la confidenza.
Va detto che la notizia della scomparsa di Nerino fece il giro di Campo -e di internet- in capo ad un giorno. Gli unici che espressero cordoglio commentando qua e là sui giornali e su Facebook furono quattro o cinque compagni di giochi... che non lo vedevano da circa quarantacinque anni.
Insomma, tra Nerino Lanucci e Galeazzo Fabrizi esisteva un rapporto stretto, la cosa era nota un po' a tutti e spiccava come una mosca bianca tra le relazioni personali di Nerino, per il resto fatte di insulti, ricatti, fregature e prestazioni a pagamento.
Questo rapporto finì alla base di una scena di bassissimo registro, verificatasi poche settimane dopo la morte di Nerino nel parcheggio che la Premiata Ditta condivide con tutte le consociate di quel Bellestoffe Group da cui era stata separata a furor di notai causa le costosissime estrosità del suo padrone incontrastato. 

Una sera di mezza estate Galeazzo si era messo in macchina e si accingeva ad allontanarsi. La vedova di Nerino era corsa fuori dalla porta del magazzino e gli si era parata davanti, tentando letteralmente di non farlo andar via. "...Galeazzo, ma tui sai chi è... Qui mi prendono tutti in giro... Dài, dimmelo...!" "...No, no, io non dico nulla." "...Ah no?! E allora sai cosa?! Non venire più a portare le rose alla tomba del tuo amico, capito?!" "Ma quali rose, ma quale tomba?! Io i fiori li porto al campo dove giocavamo a squash insieme..."
Galeazzo aveva finalmente fatto manovra e se n'era andato per i fattacci suoi, lasciando basita sotto il sole al tramonto la povera Teresa, alle prese con il carico da undici della fresca vedovanza e della cascata di mortificanti ed abiette rivelazioni che le cadeva addosso un giorno sì e l'altro pure.
Nerino era nella tomba da meno di due mesi, e la situazione andava palesandosi nella sua crudezza anche a Teresa Redentori in Lanucci. Non bastando i dati contabili che erano quelli che erano, con i creditori che si stavano facendo vivi letteralmente di persona e Nella Garzetta dell'amministrazione che aveva smesso da tempo di rispondere al telefono per non arrivare a sera col pieno di insulti, bestemmie, invettive ed esplicite minacce alla sua virtù, la povera Teresa aveva finalmente -e traumaticamente- cominciato a capire che razza di merdaio da assistenza sociale fosse l'impresa del marito. Quando andava al cimitero vi trovava fiori freschi: rose, soprattutto. Chi poteva avercele messe...? Il numero delle easy ladies con cui il de cuius aveva intrattenuto commercio era piuttosto vasto: con certezza si sa di violazioni al sesto comandamento ripetute e continuate che riguardavano (1) Koka Baranidze la campionarista georgiana (2) quel capolavoro di discrezione e professionalità di Gianna Patrizi -che era ed è partecipe dello sfascio, tutto sapendo e tutto avendo avallato- e (3) la rappresentante Solyanka Moskowitz. A questo harem più o meno stabile andavano aggiunte "professioniste" dal turn over troppo frequente per poterle contare; alla fin fine anche Teresa aveva dovuto rendersi conto che non si poteva più far finta che il pozzo nero non fosse traboccato.
Oggetto di scoppiettanti sfottò fatti di mezze parole, risatine e toccatine di gomito tra gli astanti che andavano ad aggiungersi ad una situazione per nulla allegra per proprio conto, la povera donna era ad un passo dal crollo.

Nessun commento:

Posta un commento