venerdì 1 marzo 2019

Esodo

L'agonia della Premiata Ditta fu preceduta e accompagnata dall'emorragia del personale. Che prese la via delle più varie destinazioni. In molti casi chi scrive esitò qualche palanca da questi trasferimenti approntando servizi e configurazioni, allestendo macchine e fornendo consigli e suggerimenti per lo più ignorati, dal momento che a Campo tutti hanno studiato alla scuola della vita e figuriamoci se c'è da preoccuparsi di roba del genere.
Ettore Maria Parvi era stato collega di Nerino ai bei tempi di Bellestoffe Tela. Nerino lo aveva trattato da un giorno all'altro per anni e anni in una maniera tale che dopo aver assistito a comportamenti repellenti, scene imbarazzanti e furberie continue, dopo aver insomma sopportato l'umanamente sopportabile, una sera qualunque un Ettore Maria ormai sull'orlo di una crisi isterica aveva fatto irruzione in un consiglio di amministrazione e alla presenza di una piccola folla di soci, manutengoli, mezzani e "professionisti" di quelli che ti vengono a trovare con la cravatta, raccontano due boiate e poi emettono fatture con tre zeri aveva gettato la spugna, aveva salutato e se n'era andato per sempre da Bellestoffe Group.
Un bel po' di anni dopo, il giorno dei funerali a Vallepirlo, il signor Parvi era parte della fitta schiera di persone perbene venute a controllare de visu che Nerino fosse morto davvero.
E morto schiantato.
Nei mesi successivi il signor Parvi intensificò i rapporti con i vecchi colleghi e tolse dalle ambasce Galeazzo Fabrizi (cacciato su due piedi da Patrizio Riva) nominandolo capo (e unico addetto) dell'ufficio commerciale della Parvitex, una delle svariate ditte tessili che aveva fondato e diretto dopo la sua brusca uscita dalla nostra felice famigliola.
Insieme a Galeazzo la Parvitex arruolò anche Solyanka Moskowitz, la rappresentante turkmena con cui il caro estinto aveva violato per anni almeno due o tre comandamenti, e tolse con briosa disinvoltura dalle manine rassegnate delle sorelle Redentori i due terzi del campionario della Premiata Ditta. La vendetta -piatto che va mangiato freddo- ha un buon sapore e ad Ettore Maria Parvi non pareva vero di rifarsi con gli interessi di quello che Nerino Lanucci gli aveva fatto passare; in poche mosse contava di (1) rafforzarsi sul mercato interno grazie a Galeazzo, (2) entrare nel mercato turkmeno grazie a Solyanka e (3) vivere di rendita sullo sviluppo di prodotti per una stagione almeno.
Piccolo problema.
Imbarcando velocissimo il Fabrizi, la Moskowitz e un campionario intero, il Parvi imbarcava ancor più velocissimo un campionario anche più assortito del variopinto ginepraio di furberie, favori incrociati, gabole e carambole su sui si regge da sempre l'industria tessile campese. Un ginepraio che finisce regolarmente con lo strangolare chi vi si addentra, specie se lo fa animato da intenzioni costruttive, dopo averlo avvinto e convertito; in città impera a tutti i livelli e in tutti gli ambienti un individualismo manicomiale simbiotico a una tradizione di accoltellamenti reciproci, di tradimenti tra soci, parenti e fratelli di sangue che solo chi ne ha frequentato gli ambienti lavorativi conosce bene. L'impressione che se ne ricava è che le imprese, a Campo, siano una via di mezzo fra il giocattolo e il bancomat in cui la disonestà impera ad ogni livello fra il padronale e il servile. Il campese venderebbe tranquillamente madre e fratelli per cinque euro, se gli servisse denaro per qualche consumo miserabile.
Com'era prevedibile in questo tempio di solida etica e di esistenze integerrime, a qualche giorno dall'incorporazione Fabrizi e Moskowitz erano, amiconi e cinguettanti, a fare bella mostra di sé sulle reti sociali. Anziché al lavoro -come sarebbe stato auspicabile- le immagini che li ritraevano insieme li mostravano in antichi centri storici e locali costosi, in contesti di shopping, in high streets di varie città europee. L'uomo dall'aperitivo facile e la donna facile anche senza aperitivo sapevano già come trarre il massimo vantaggio dal Parvi e dalla sua ditta.
Qualche tempo dopo, chi scrive ricevette una telefonata da Ettore Maria Parvi.
Ettore gettava la spugna; la Parvitex chiudeva perché prima di perdere soldi senza freno e di portare i libri in tribunale era meglio ammettere la sconfitta e limitare i danni.
Dopo due parole di convenevoli Ettore venne al sodo: gli servivano gli estremi di una certa casella di posta, perché qualcuno aveva combinato qualche guaio e occorreva almeno togliergli di mano quelle credenziali visto che l'indirizzo incriminato girava allegramente per tutto il variopinto mondo dei rappresentanti, dei mezzani e di tutto quell'universo di ben vestiti che campa alle spalle di chi lavora sul serio.
"...No, Ettore. Non c'è rimedio."
"Ma come?! Io sono entrato per cambiargli la password ma quello ha ricevuto l'alert ed è stato più veloce di me..."
"Appunto..."
Come i lettori avranno intuito, non esisteva rimedio perché Ettore Maria Parvi, campese della più bell'acqua del tipo che "piloto io, è tutto sotto controllo", per non pagare due lire di dominio aveva man mano assegnato a dipendenti e collaboratori indirizzi singoli su [grossissimo fornitore di servizi] che aveva personalmente creato e configurato uno per uno.
Risultato, tutti erano stati padroni di modificare le credenziali a piacimento.
Il rischio -pardon, la certezza- di quanto poteva succedere era evidente a chiunque non fosse un cinghiale o un campese. A fronte di questa politica, affrontata col consueto piglio ridanciano e con la granitica sufficienza che contraddistinguono i veri campesi in ogni atto della loro spesso miserabile esistenza, era inutile avanzare dubbi o messe in guardia.
A suo tempo chi scrive si era quindi ben guardato dall'aprire bocca, sicuro che i risultati non avrebbero tardato a occorrere. Adesso, alle prese con qualcuno che evidentemente non aveva limitato il proprio imperversare al gonfiare oltre ogni limite qualunque nota spese gli capitasse a tiro, Ettore Parvi faceva quasi compassione.